Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!

 
 
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21/07/2014 17:31



Capitolo Undici: la Seconda Guerra



Inizia la Second War
Sei anni dopo la caduta di Stormwind l'Horde tornò all'attacco dando inizio alla Second War. Il clan Bleedind Hollow al comando di Deadeye rimase a controllare il Khaz Modan mentre il resto dell'Horde attraversò il mare con le navi costruite, raggiungendo la costa nei pressi di Hillsbrand. Ma l'esercito dell'Alliance si oppose subito allo sbarco degli invasori costringendoli a rinunciare a marciare direttamente a est verso Lordaeron, così l'Horde si diresse a ovest verso Aerie Peak, capitale del regno nanico del clan Wildhammer, presumibilmente per scongiurare l'eventualità d'esser attaccati alle spalle da un potenziale esercito nemico mentre assaltavano i regni umani e per conquistare una roccaforte dalla quale sferrare un futuro attacco alla capitale elfica Silvermoon. L'Alliance non si fece sfuggire l'occasione di ingraziarsi un potente alleato che poteva fornirle accesso a delle temibili unità aeree, i famosi Gryphon, e corse in aiuto dei Wildhammer: presi in mezzo tra i nani e gli uamni, gli orchi vennero sbaragliati. Solo allora ci si accorse che l'esercito alla volta di Aerie Peak era solo una piccola parte dell'Horde, nient'altro che un diversivo per coprire il vero obiettivo degli orchi: il grosso dell'armata era invece diretto a nord verso Quel'thalas, con già molti giorni di vantaggio.

Le fiamme di Quel'thalas
Ma si trattava di un altro tranello dell'astuto Doomhammer: egli confidava che, scoperta la vera destinazione dell'Horde, Lothar avrebbe diviso il proprio esercito mandando all'inseguimento le sue unità più veloci. E così fu: Lothar inviò in soccorso di Quel'thalas i suoi reggimenti di cavalieri e i ranger elfici, sotto il comando di Turalyon e Kadghar. Ma invece che dirigersi direttamente all'assalto delle mura di Quel'thalas e finir preso tra gli elfi e gli umani, Doomhammer decise di scalare le vicine montagne, fermarsi al margine della foresta che circondava Silvermoon ed attendere l'arrivo degli inseguitori. Mentre i troll, scalpitanti all'idea di vendicarsi della sconfitta delle antiche Troll Wars, conducevano le prime incursioni nelle foreste l'esercito dell'Horde si riforniva di legname e si preparava alla battaglia. Gli orchi scoprirono che non era possibile usare nessuna forma di magia che non fosse di origine elfica a causa di alcuni enormi monoliti magici, le Runestone, disseminate tra gli alberi: Gul'dan e Cho'gall ne distrussero uno e con i frammenti vi crearono un altare, sfruttando il grande potere magico contenuto nella pietra per potenziare alcuni ogre, che ne vennero profondamente mutati diventando dei potenti ogre-magi a due teste come Cho'gall.
Mentre l'esercito dell'Alliance si preparava a cominciare la battaglia Alleria si affrettò a raggiungere Silvermoon riunendosi alle sue sorelle, la giovane ranger Vereesa e il generale dei ranger Sylvanas Windrunner: assieme informarono il re ed il consiglio degli elfi della minaccia incombente.
Le truppe di Quel'thalas scesero in campo e l'esercito orchesco fu preso in mezzo tra i due schieramenti nemici, ma grazie all'intervento dei temibili ogre-magi l'Horde non si fece annientare. Quando nulla pareva funzionare contro quei mostruosi giganti arrivarono preziosi rinfrorzi: i cavalca-grifoni guidati da Kurdran Wildhammer e dal suo leggendario grifo Sky'ree piombarono dal cielo per unirsi alla battaglia ed abbattere un ogre-magi dopo l'altro. Ma proprio quando la vittoria definitiva sull'Horde sembrava a portata di mano, arrivarono i Dragonmaw cavalcando enormi draghi rossi: non ci volle molto perchè Turalyon comprendesse che non vi era speranza di opporsi al potere dei draghi e, mentre la foresta veniva avvolta dalle fiamme, chiamò la ritirata. L'esercito elfico guidato da Sylvanas e dal suo secondo Lor'themar Theron, rimasto separato da Silvermoon a causa degli incendi, si unì ufficialmente alle forze Alliance.
L'Horde non riuscì ad oltrepassare la barriera magica che proteggeva la città elfica: chiamata Ban'dinoriel, essa era canalizzata da tre mooncrystal celati ed alimentata dell'infinita energia della Sunwell, e neppure i draghi potevano scalfirla. Ma a Doomhammer non importava: gli bastava che gli elfi non lo potessero cogliere alle spalle mentre marciava verso il suo obiettivo finale, la città di Lordaeron. Il Warchief lasciò il clan Dragonmaw a vigilare sugli elfi e malvolentieri acconsentì alla richiesta di Gul'dan di trattenersi ancora qualche giorno per cercare di usare la magia delle Runestone per corrompere la Sunwell.

Tradimenti
Non era difficile immaginare che l'Horde avrebbe presto attaccato Lordaeron e che per farlo sarebbe passata per le montagne del regno di Alterac, così Lord Perenolde decise di tradire l'Alliance e giocare d'anticipo: inviò un uccello con un messaggio al Warchief Doomhammer e si incontrò nottetempo con lui. I due strinsero un accordo: Perenolde avrebbe lasciato che l'Horde marciasse indisturbata sul proprio territorio e le avrebbe mostrato i sentieri più veloci e sicuri, ed in cambio Doomhammer promise che il regno di Alterac sarebbe stata risparmiato. A causa del tradimento di Alterac l'Horde cominciò a sciamare giù dalle montagne senza preavviso e Lordaeron non ebbe il tempo di prepararsi adeguatamente all'assedio nè di richiamare gli eserciti. La notizia arrivò a Lothar che dovette sforzarsi a non correre in aiuto della città prima di aver adeguatamente ripulito i boschi vicini ad Aerie Peack dagli orchi rimasti, mentre invece Trollbane lasciò Stormgarde per raggiungere le montagne ed indagare sul perchè Alterac non aveva nè fermato l'avanzata degli orchi nè avvisato del loro passaggio, scoprendo che il grosso dell'esercito era schierato lontano dai passi usati dagli orchi ed inconsapevole del tradimento del loro re: rimandando la vendetta su Perenolde a dopo il conflitto, Trollbane convinse il loro generale ad unirsi a lui e a chiudere i passi montani usati dall'Horde, bloccando sulle montagne quasi metà dell'esercito nemico.
Ma anche nell'Horde serpeggiavano gli egoismi ed il tradimento: a Gul'dan non era mai importato nulla della guerra contro gli umani, non sentiva nessuna fedeltà verso il proprio popolo e verso l'Horde, non aveva la minima intenzione di restare a Quel'thalas e non provava altro che odio per Doomhammer. Ora che il Warchief se ne era andato via dai piedi il warlock colse l'occasione per fare l'unica cosa che davvero gli interessava, e che fin dal principio era l'unico vero motivo per cui aveva aperto il Dark Portal verso Azeroth: mettersi alla ricerca della Tomb of Sargeras ed appropriarsi dei poteri in essa contenuti. Dopo aver chiamato a raccolta i propri clan Stormreaver e Twilight Hammer, Gul'dan e Cho'gall si misero in marcia e raggiunsero la costa, rubando alcune delle navi che l'Horde aveva usato per raggiungere il nord del continente e prendendo il largo.
Frattanto a Lordaeron l'Horde riuscì a bloccare l'esercito di Turalyon lontano dagli assedianti, ma le mura della città si rivelarono più resistenti del previsto e Doomhammer si domandò come mai il resto del suo esercito ci mettesse tanto ad arrivare. Quando un messaggero gli portò la notizia del tradimento di Gul'dan, al Warchief apparve chiaro che sarebbe stato impossibile prendere la città prima dell'arrivo della parte restante dell'esercito dell'Alliance guidata da Lothar: furioso, Doomhammer inviò all'inseguimento del warlock traditore i cavalcadraghi Dragonmaw e, a bordo delle navi rimanenti, il clan Black Thooth Grin.
Come avevano fatto su Draenor quando fecero sorgere un intero vulcano dal nulla, l'Hand of Gul'dan nella Shadowmoon Valley, i warlock sollveraono l'intero fondo marino creando un complesso di isole su cui torreggiava la Tomb of Sargeras. Mentre Cho'gall ed il clan Twilight Hammer respingevano lo sbarco del clan Black Thooth Grin di Rend e Maim, Gul'dan guidò i walrock del clan Sunreaver nel tempio: avendo esplorato le memorie di Medivh, e quindi di Sargeras stesso, egli sapeva esattamente cosa cercare e più si avvicinava al suo obiettivo più sentiva crescere i suoi poteri. Ma aperta l'ultima porta l'orco scoprì d'esser stato ingannato: il potere racchiuso nella tomba era sorvegliato da schiere di demoni che trucidarono i warlock e ferirono a morte Gul'dan che, maledicendo Sargeras, prima di soccombere riuscì a scrivere col suo stesso sangue su di una parete il racconto dei suoi ultimi momenti, nella speranza che un giorno qualcuno potesse vendicarlo e portare avanti la sua eredità malvagia. Il corpo di Gul'dan venne smembrato dai demoni, ma un warlock superstite ne raccolse la testa per farla diventare un artefatto, sicuro che in essa vi fosse un grande potere magico. Non lo tenne però a lungo: uscito dalla tomba venne ucciso dagli orchi nemici, e nei mesi successivi il teschio di Gul'dan passerà di mano in mano come un macabro trofeo. I demoni emersero in superficie ingaggiando battaglia con gli orchi sopravvissuti, ed alla fine gli unici a sopravvivere furono gli orchi del clan Black Thooth Grin. Ma non ebbero tempo di festeggiare: la terra sotto i loro piedi cominciò a tremare, dall'ingresso della tomba emerse una folata d'aria fetida che con una risata satanica si sparse nel mondo, e le isole cominciarono ad andare in pezzi costringendo gli orchi a tornare sulle navi ed abbandonarle.

L'Alleanza al contrattacco
Sulla strada del ritorno, però, le navi dei fratelli Blackhand trovarono la flotta di Daelin Proudmoore ad attenderle: privi dell'esperienza in fatto di combattimenti navali che avevano i marinai dell'Alliance, la flotta orchesca si trovò subito in grande difficoltà ma l'arrivo provvidenziale dei draghi dei Dragonmaw invertì le sorti della battaglia: la terza flotta al comando di Derek Proudmoore, figlio dell'ammiraglio, venne spazzata via. Fortunatamente i grifoni dei Wildhammer giunsero a tenere occupati i draghi e così l'ammiraglio Proudmoore ebbe modo di vendicarsi, colando a picco la quasi totalità della flotta orchesca, sebbene alcuni orchi come Rend e Maim riuscirono a sfuggirgli. Tra i relitti i marinai trovarono alcuni soldati di Alterac, ed anche la marittima Kul Tiras venne così a sapere del tradimento del reame umano tra le montagne.
Con le proprie forze divise l'Horde non riuscì a proseguire l'assedio della città di Lordaeron e Doomhammer chiamò la ritirata: le truppe troppo lente vennero spazzate via dall'Alliance e quelle rimaste sulle montagne abbandonate al proprio triste destino. Il resto dell'Horde coprì la partenza degli inseguitori marciando verso sud lungo la costa, ed inseguita dai cavalieri umani si diresse in direzione del Khaz Modan per riunirsi coi Bleeding Hollow e riorganizzarsi. Il malcontento era però palpabile e Doomhammer trovò ben pochi orchi che ne condividessero le recenti decisioni: per l'onore egli aveva di fatto sacrificato gran parte delle sue forze e perduto un'occasione più unica che rara di conquistare facilmente la capitale nemica.
L'Horde si ricongiunse col Bleeding Hollow ma il vecchio chieftain Deadeye spiegò a Doomhammer che non era possibile affrontare l'Alliance a Khaz Modan: la città di Ironforge era ancora inespugnata ed i nani aspettavano solo l'occasione per lanciarsi al contrattacco, quindi se avessero combattutto lì avrebbero dovuto affrontare anche loro. Gli eserciti di Lothar e Turalyon si erano nel frattempo riuniti e si avvicinavano sempre più, così l'Horde decise di combattere la battaglia finale della Second War nel luogo a lei più favorevole: il suo quartier generale, la fortezza di Blackrock Spire.
Nel frattempo l'esercito dell'Alliance giunse nel Khaz Modan e decise di fermarsi in aiuto dei nani di Ironforge, assediati da alcune delle forze del clan Bleeding Hollow: presi in mezzo tra i due eserciti gli orchi vennero spazzati via e Muradin e Brann, fratelli del re Magni Bronzebeard, accettarono immediatamente di schierare le proprie truppe al fianco di quelle dei loro salvatori.

La disfatta dell'Orda
L'esercito dell'Alliance raggiunse la fortezza avversaria immaginando di dover affrontare un lungo assedio ma si trovò invece impreparato alla strategia orchesca: invece che aspettare che gli umani circondassero la loro fortezza gli orchi si erano sparpagliati per l'intera area e divisi in piccoli gruppi gli lanciavano assalti da ogni direzione. I paladini guidadi da Uther si rivelarono d'immensa utilità e, illuminati dalla forza della loro fede, erano un faro di speranza nella perenne oscurità rossiccia causata dal cielo intriso della fuliggine sputata dal vicino vulcano. Ciononostante, la battaglia era violenta, sanguinosa e dall'esito tutt'altro che scontato.
Nel clamore della battaglia gli occhi dei condottieri dei rispettivi eserciti si incontrarono, e Anduin Lothar e Orgrim Doomhammer si affrontarono in un feroce duello, entrambi sicuri che l'eliminazione del comandante avversario fosse la chiave della vittoria. Doomhammer venne gravemente ferito, ma col suo leggendario martello riuscì a mandare in pezzi lo spadone dell'umano e a fracassargli il cranio.
Turalyon non era mai stato un grande paladino: la sua fede non era forte come quella di Uther e gli altri. Ma veder cadere il suo comandante, mentore ed amico per mano di quella creatura mostruosa, quell'alieno invasore, quell'orco pervaso di potere demoniaco cambiò il suo animo: per la prima volta sentì davvero la Luce pervaderlo. Abbandonato il proprio martello, Turalyon raccolse la lama spezzata dell'amico e con essa affrontò Doomhammer, disarmandolo e catturandolo affinchè venisse portato a Lordaeron e processato per i crimini suoi e della sua razza abietta. L'esercito dell'Alliance acquisì nuovo vigore mentre il resto dell'Horde, demoralizzato per la perdita del proprio Warchief, gli oppose ben poca resistenza e venne sconfitto velocemente.
Nell'assalto finale alla fortezza nemica uno dei nuovi paladini, Alexandros Mograine, scorse tra i difensori un warlock che adoperava uno strano globo cristallino per potenziare i propri incantesimi. Ucciso l'orco egli se ne appropriò e scoprì che esso pareva fatto come di oscurità condensata, e la mano che ebbe usato per raccoglierlo parve avvizzire come morta.
Gli orchi che si arresero vennero fatti prigionieri e Turalyon lasciò che un piccolo gruppo di nemici fuggisse via verso le paludi dalle quali erano originariamente sbucati fuori: il paladino sperava che si stessero ritirando sul loro pianeta natale e che seguendoli gli avrebbero svelato la posizione del Dark Portal.
Ma dopo le Swamp of Sorrow non trovarono come si aspettavano gli acquitrini del Black Morass, ma una zona brulla e desertica che battezzarono Blasted Lands: Khadgar dedusse che le stesse energie oscure che avevano maledetto Draenor si stessero lentamente riversando su Azeroth attraverso il portale. Raggiunto il Dark Portal gli umani vi trovarono quel poco che rimaneva dell'Horde e che venne facilmente sconfitto, sebbene alcuni orchi come Rend e Maim Blackhand riuscirono a scappare mentre altri, come il death knight Teron Gorefiend, ad attraversare il portale e rifugiarsi su Draenor. Attingendo alle stesse energie magiche emesse dal portale Khadgar e gli altri maghi distrussero la struttura di pietra del Dark Portal, chiudendo il passaggio.
I sopravvissuti della Second War, in onore al loro comandante caduto, presero il nome di Sons of Lothar.
Nei giorni successivi la posizione di Turalyon come comandante dell'esercito venne ufficializzata (con Danath Trollbane, nipote di Thoras, come suo secondo in comando), lord Perenolde venne arrestato e messo agli arresti domiciliari, e venne eretta dinanzi alla Blackrock Mountain un'enorme statua dedicata a Lord Anduin Lothar, il Leone di Stormwind, ironicamente costruita usando i prigionieri orchi come forza lavoro.
Poco dopo la fine del conflitto un giovane ed intelligente nobile si fece largo tra le alte sfere di Lordaeron, diventando in poco tempo un amico e fidato consigliere di re Terenas Menethil II: egli raccontò di chiamarsi Lord Daval Prestor e di provenire da un piccolo borgo sulle montagne vicino Alterac distrutto durante la guerra dai draghi, ma in verità altri non era che l'ex-Dragon Aspect Deathwing in forma umana.
Gli orchi catturati vennero incarcerati in numerose strutture chiamate "campi di internamento": il mantenimento di questi campi era molto oneroso ed alcuni reggenti furono meno che entusiasti di partecipare alle spese. In particolare re Greymane della ricca e potente nazione di Gilneas, che già non aveva attivamente partecipato alla guerra, non solo si rifiutò di contribuire ma, sostenendo di aver meno bisogno dell'Alliance di quanto essa avesse bisogno di Gilneas, iniziò la costruzione di un enorme muro lungo i propri confini, il Greymane Wall, per isolare fisicamente la nazione dal resto dell'umanità.
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